la vera storia dell’italia 1^ parte situazione inziale e ideazione dell’impresa

Come nasce l’Italia? Da dove si parte? E come nelle fiabe si comincia con …

cartina

C’era una volta un paesino pieno di debiti, senza un soldo in cassa, senza risorse a cui attingere e con molti abitanti affetti da cretinismo derivante da sottoalimentazione (e la storia ci confermerà che il cretinismo è ereditario. conoscete Borghezio? appunto!) Il capo di questo paesino si chiamava Camillo, uno che quando nacque la mamma lo voleva buttare. fu il padre ad opporsi.

“perchè buttarlo? per male che vada o mettimme int’a na gabbietta e la gente pagherà per dargli le noccioline, tipo scignetella”

Non molto alto, anzi, decisamente basso, bruttulillo sarebbe un eufemismo. nu cesso d’omme!!!!

i genitori allora decisero di portarlo presso la miracolosa statua della vergine ridente così chiamata perché come lo posizionarono la vergine cominciò prima a ridere, poi a piangere con lacrime enormi, a singhiozzi.

“perchè piange, o vergine?” chiese la madre di Camillo.

“Perchè fino ad ora ho sempre fatto i miracoli, ma io cu chiste comme o faccio? ccà ce vò tutto o paradiso”

“E come possiamo fare?” chiese la madre del ragazzo

“Immergetelo in una piscina di acqua benedetta!”

“Per il miracolo?”

“No, per affogarlo. l’indifferenziata non l’hanno ancora inventata e non saprei dove farvelo buttare. scioglietelo nell’acido!”

Ma ancora una volta il padre si oppose.
“Ma perchè lo dobbiamo ammazzare? fammi fare qualche tentativo, per male che vada gli facciamo fare il professore universitario economista. se lo farà Brunetta perchè non lo potrebbe fare lui?”
Brunetta non era ancora nato ma il padre di Camillo già sapeva della sua venuta sulla terra.
la famiglia di Camillo era una famiglia molto importante, altolocata, con decine di titoli nel biglietto da visita, che proprio per l’occorrenza veniva stilato su lenzuola di cotone invece che sulla carta.
Il ragazzo crebbe, d’età, e il padre decise di provare a dargli una mano. inizialmente pensò di dargliele tutte e due, in faccia, poi riflettè e fece il tentativo. poiche a quel tempo non esistavano ancora i listini bloccati alle regioni ne i nominati per meriti boccacceschi al parlamento (voi direte perchè Camillo rientrerebbe nei meriti boccacceschi? per tutte le volte che lo mandavano affanculo!), il padre gli fece fare il sindaco di Grinzane, e questo senza che Camillo tenesse un solo comizio. meglio di lui, 160 anni più tardi, farà solo l’on. pisacane del pdl, che riuscì a far eleggere la moglie mettendo il suo cognome sul manifesto al posto di quello della consorte, mentre la stessa portava avanti la gravidanza e partoriva in clinica. chi la votò nun sapeva nemmeno che era donna.
il primo giorno che Camillo si presentò al comune, un usciere gli si parò davanti.
“Passallà!” gridò. “Gli animali non possono entrare. non lo sa il tuo padrone che se ti prende l’acchiappacani senza la targhetta po so cazzi?”

“ma io non sono un cane!” replicò Camillo
“Oh cazzo! un animale che parla!” sbottò sbalordito l’usciere.
“Ma quale animale” protestò Camillo. “Io sono il sindaco!”
L’usciere lo scrutò, poi con molta cautela, per evitare un morso, gli prese il gomito e glielo spinse in avanti.
“Ma ci faccia il piacere!”
“Lo dico a Papy!”
papy papy. Questo papy mi ricorda qualcosa. mah!!!!
il giorno dopo camillo fu accompagnato dal papy al nuovo ufficio e l’usciere fu immediatamente licenziato perchè risultò che non aveva fatto l’antirabbia, quindi infettivo e pericoloso per gli altri.
però di camillo si poteva dire tutto tranne che non apprendeva velocemente, per cui mano mano che crebbe,sempre solo d’età, migliorò e divenne infatti un puttaniere, un intrallazzatore, un corruttore e farabutto senza scrupoli, e intanto coltivava molte conoscenze all’estero, specialmente in inghilterra dove conobbe un certo mills.
Pure stu nomme mi ricorda qualcosa, specialmente se associato a un puttaniere, intrallazzatore. mah!
grazie a una di queste amicizie, e precisamente a quella col signor d’azeglio, primo ministro del regno di sardegna, riuscì a diventare anch’egli ministro. il re non avrebbe voluto perchè lo considerava troppo imbecille, ma il sor d’azeglio gli fece l’esempio di gasparri e il re dovette arrendersi, però congedandolo, gli disse:
“Come dirà tra qualche anno De Andrè, non ti fidare di quelli troppo bassi, perché hanno il buco del deretano vicino alla bocca.”
“Che vorrà dire?” si chiese il sor D’Azeglio.
Lo scoprì qualche anno dopo quando il sor Camillo riuscì con intrallazzi vari a prenderne il posto. Come fece? Fece una intesa tra forze di destra e forze di sinistra, una specie di partito della nazione. Aspè, questo nome mi ricorda qualcosa… mah! Convogliò tutti in un solo calderone eliminando i due estremi, fece fuori politicamente d’azeglio, dopo che gli aveva detto massimo stai sereno, e ne prese il posto. Stai sereno? Ma io questa cosa l’ho già sentita… mah!
Da quel momento divenne primo ministro con il compito di governare il suo paesino, il Piemonte, col compito di curarne gli interessi, tipo mezzadro, per capirci. A Napoli direbbero faceva o guaglione! Gli interessi però, quelli pubblici li curò male, certo anche per l’incapacità degli abitanti di quel paese che si alimentavano, quando potevano, solo con riso e pesci d’acqua dolce, principalmente le trote, pesce notoriamente privo di fosforo (chi sa perché sto fatto mi ricorda qualcosa! Mah!)ilk fosforo aiuta la memoria, e molti abitanti di quel paese ormai l’avevano persa, erano distratti. Per esempio c’era chi si laureava in albania a sua insaputa, chi gli ristrutturavano casa a spese dei contribuenti e lui non lo sapeva. distratti.

In effetti il sor Camillo, prima di curare gli interessi del popolo, ormai alla fame, aveva ben pensato di curare i propri, pensando al futuro dei figli. Loro. Mica nostri, mettendo in piedi un vero e proprio conflitto di interessi.
(non so perché ma questo sor Camillo mi ricorda sempre di più qualcun altro, corto, puttaniere, mariuolo. Ce l’ho proprio qua, in punta di lingua ma non mi sovviene il nome. Se mi dovesse venire in mente, ve lo dirò più avanti). Un Lapo Elkann d’altri tempi! I debiti erano tanti, ma come detto, erano tante anche le conoscenze. Quando il sor Camillo si rese conto che pure i sorci se ne scappavano dal paese da lui amministrato perché a famma è famma, la prima cosa che fece fu di andare dal suo padrone a chiedere soldi.
“J’ai besoin d’argent” disse.
Che tradotto nella nostra lingua significa più o meno “mi servono soldi perché stiamo con le pacche nell’acqua” .
Il suo padrone, che in quel momento stava scrivendo, alzò gli occhi dal foglio e lo guardò.
“Camì, Descends de mes épaules” rispose il padrone.
Che tradotto significa più o meno “ Camì, Scinneme a cuollo”
“Mais ce n’est pas ma faute” disse Camillo, cioè, non è colpa mia.
L’altro lo guardò e gli disse :” si le cerveau était une feuille de l’oignon dans la tête vous Genovese sauce.”
Che tradotto significa: “ si ‘o cervello è na sfoglia e cepolla, Camì, tu ncapa tieni a genovese!”
Allora Camillo andò dall’amico straniero.
“Can you lend me some money?” chiese. Mi puoi prestare dei soldi.
L’altro lo guardò e chiese a sua volta:” You have already done a poo this morning?”
Che tradotto significa più o meno “ l’hai fatta la cacca stamattina?”
Che faccio, che non faccio, il sor Camillo cominciò a scervellarsi sul come risolvere il suo problema. E dove li prendo i soldi? Vado in giro chiedendo “tenisseve cento lire, devo fare il biglietto per la metropolitana?”. “Mi metto a fare il parcheggiatore ABUSIVO? “ Gira che ti rigira, pensa che ti ripensa, il sor(cio) Camillo, e i suoi padroni, parlando con il padrone dell’altro paese straniero, pensarono bene di guardarsi intorno e vedere se c’era modo di trovarli da qualche altra parte questi benedetti soldi.
“Facciamo una rapina” propose il sor Camillo.“
“E chi rapiniamo?” chiesero i suoi padroni
“Io un’idea ce l’avrei” si inserì il capo del paese straniero. “proprio vicino a voi c’è un paese molto interessante a cui farei un pensierino.”
Poco lontano da questo paesino, infatti, c’era un altro paese, con risorse economiche notevoli, pieno di iniziative culturali, industriali e dove il popolo era tutt’altro che affetto da cretinismo, anzi. Erano talmente benestanti che non riuscivano a intendere il significato di “stai in guardia”. Li definirei bonaccioni tontoloni. C’era il più basso tasso di criminalità in assoluto, era stato costruito, in soli 270 giorni, il primo teatro moderno del mondo, la prima ferrovia, la più importante flotta navale del mediterraneo, il commercio con l’estero era fiorente, erano la terza potenza industriale europea e i suoi abitanti erano al secondo posto per reddito procapite. Avevano alle spalle centinaia di anni di cultura, i più grandi pittori andavano là, avevano creato la prima scuola di musica al mondo, insomma, si stava proprio con i cacchi!

A capo di questo paesino vi era un gran signore che, pensate, qualsiasi investimento c’era da fare per migliorare le condizione del paese, lo faceva prendendo soldi dalle sue casse e senza mai aumentare le tasse. Il paradiso, direte voi? Beh, considerando che c’era sempre il sole, avevano un mare stupendo, io direi , se non proprio il paradiso, quasi!
E forse per questo al sor Camillo un po’ gli bruciava il didietro!
Come fu come non fu, il gran signore improvvisamente morì (quando si dice a sciorta!). E chi diventò capo del paesino? Il figlio, un ragazzotto che poca dimestichezza aveva nelle questioni di guerra e in quelle diplomatiche (oggi qualcuno lo avrebbe definito un bamboccione).
Cricco, Crocco e manico Uncino, cioè il sor Camillo e i suoi amici, appena ebbero la notizia della morte del gran signore, si guardarono in faccia e si dissero: ” Oilloco, oì. questo è il momento. Ora o mai più. Mettiamo i soldi sul tavolo e pigliammece a higuain! No, scusate questo è successo dopo.”
Mo, vi chiederete voi, ma che interesse avevano quelli del paese straniero a dare una mano al sor Camillo?
La risposta è sempre la stessa: erano cchiù fetiente del sor Camillo e dei suoi padroni. Volevano arraffare più soldi, avere più potere e, pensate un po’, il paesino ricco era talmente ricco che addirittura aveva permesso già ai signori del paese straniero complice del sor Camillo di sfruttare le miniere di zolfo che erano presenti in una parte del paesino ricco. E considerando che lo zolfo a quel tempo era come il petrolio di oggi, pensate che regalo gli avevano fatto. Nun se po ffà nu piacere a nisciuno, avrebbe detto, qualche anno dopo, un grande attore nato anch’egli nel paesino paradiso in terra.
Questo paesino, poi, aveva un’altra grave colpa perché era benvoluto dallo stato Pontifico, al punto che quest’ultimo aveva creato una propria sede proprio la.
E che c’entra lo stato Pontificio? Vi chiederete voi.

C’entra, c’entra. A parte il fatto che da quando esiste il mondo lo stato pontifico c’entra sempre in tutto quello che accade, (se non ci credete chiedete a Sindona, Calvi, Giordano Bruno, La banda della magliana, etc etc )ma a quel tempo, in più, lo stato pontificio era a capo non della sola città del vaticano, come ora, ma aveva diretti possedimenti che andavano a cozzare con gli interessi del paese straniero amico del sor Camillo.
E si ritorna ai soldi.
E dato che i soldi fanno venire la vista ai ciechi, il sor Camillo, capendo che mai e poi mai avrebbe potuto recuperare l’economia del paese da lui governato, con l’aiuto di quelle conoscenze all’estero con cui era indebitato e che decisero di finanziarlo di nascosto, decise di derubare il paese confinante cosi nello stesso tempo avrebbe risanato le casse del suo paese e avrebbe fatto un piacere a un amico straniero. Ma non poteva trattarsi di un furto esplicito, altrimenti avrebbe suscitato lo sdegno di tutti gli altri paesi. E allora cosa pensò di fare? “Apparteniamo allo stesso popolo” cominciò a urlare a destra e a manca. vesuvio vesuvio lavali col fuoco!“ i due paesi confinanti sono il frutto della stessa razza, della stessa gente. Sangue dello stesso sangue. Dobbiamo fare in modo che il sangue non si divida ma si unisca. I due paesi devono diventare un unico paese. Dobbiamo creare la stessa patria. Ecco, dobbiamo trasformarci in Patrioti! Siamo tutti fratelli. Li dobbiamo liberare”

Gli abitanti del paesino ricco, sentendo tutto questo rispondevano in coro:
“ Ma chi ve sape? Ma qua fratelli, ne Camì, se tu nun saie nemmeno mammete che mestiere faceva? ma liberare da che? chi v’’a chiesto niente , cu stu fatte della libertà e democrazia ve sapimme e ve saparrà pure Saddam Hussein. Camì, aggie pacienza, hai fatto la cacca stamattina?”
Ma il sor Camillo insisteva: “dobbiamo salvarli dal pericolo dei comunisti!” (azz, ma allora è vizio!!!) e per avere una forza più penetrante, dato che a quei tempi non esisteva il viagra, pensò bene di avvicinare un personaggio niente male, che guarda caso si chiamava Giuseppe, il quale, probabilmente sotto l’influsso delle droghe leggere, aveva fondato una società segreta, detta anche società carbonara, nome derivante dai piatti di pasta pancetta e uova che si scofanavano a ogni riunione. Tutte persone perbene, al punto che per procurarsi da vivere rapinavano banche, saccheggiavano o bruciavano le aziende, se da queste non veniva pagato il pizzo e sequestravano persone per ricavarne un riscatto. In tutta Italia si diffuse la frase” Mazzini Autorizza Furti, Incendi e Attentati (o avvelenamenti)” Questa frase è stata accorciata nella sigla, MAFIA, nasce ora la criminalità organizzata. Io ho il dubbio che Mazzini di cognome in effetti facesse Riina, ma questo è un pensiero mio.
Il sor Camillo incontrò il sor Mazzini e gli fece la proposta.
“Senti,” gli disse, “ io sto provando a mettere le mani su un paese ricco. Che dici, sei con me?” Mazzini lo guardò e chiese: “Soldi ne tieni?”
“ E si tenevo e soldi veneve a chiammà a te?” ribattè il sor Camillo. “ me n’accattave tutte sigari e mignotte!”
“ E tu non potendo metterlo a quel servizio alle mignotte mo vulisse mettere a chillu servizio a me?” rispose il sor Mazzini.” Camì, hai fatto la cacca stamattina?”
Il sor Camillo si fermò a riflettere. “Ma com’è che mi mandano tutti a cagare?”
“ E se ti facessi intestare una piazza in ogni città? E se ti promettessi un milione di posti di lavoro? E se ti eliminassi l’ici? E se ti eliminassi il bollo della macchina? E se ti facessi fare un’elegante cena a casa mia, con un sacco di amiche di bocca buona? E se ti presentassi un amico mio che dirige un telegiornale? E un altro che ha a che fare con gente che si siede sul trono?”
“Trono?” domandò Mazzini. “nel senso di regnanti?”
“No, nel senso di marchettari”
Io non ho capito se sto facendo un poco di confusione confondendo i nani truffatori, ma a me sta cosa mi ricorda qualcun altro. cacchio non mi iene il nome, però, come dicevo, se mi dovesse venire ve lo dirò più avanti. In ogni caso, più o meno le cose andarono cosi come ho raccontato, magari le cose offerte erano di altro tipo.
Il sor Mazzini, che mai aveva lavorato in vita sua, attratto da tanto ben di dio, lo guardò e gli disse: “Camì, ma non è che pensi che io sia imbecille al punto da credere a tutte le tue promesse? Pensi davvero che qualcuno possa credere a questa specie di contratto con gli italiani?”
“Ma io lo firmo davanti a te” rispose il sor Camillo. “ e per dimostrati che faccio sul serio ti voglio dare un’anticipazione. Ho portato con me un’amica, che fa certi giochini. Si chiama Italia.”
Mazzini, con la bava alla bocca, lo guardò e chiese” E’ giovane? ”
“Giovanissima” rispose l’altro.

“Bene” chiosò Mazzini. “Facciamoci la giovine Italia!”
“E a uno me lo sono fatto” pensò il sor Camillo.
Ora però, dato che Mazzini non spostava un chiodo da solo, al sor Camillo serviva qualcuno che si ponesse in prima persona a fare la rapina. Mazzini era il palo, ora serviva chi doveva entrare in banca. Chi gli doveva far vincere la partita. E chi gliela poteva far vincere? Rizzoli! E se lo comprò! No  scusate, anche questo viene dopo. Quello il vizio i piemontesi non se lo sono mai tolto.

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