la vera storia dell’italia -3^ parte – da quarto alle porte di bronte

Poco dopo fece ritorno Bixio.

“Peppì, comincia la grande sfida. Partiamo!”

“che bello, e dove andiamo?”

“n’facci’o c…!” sbottò bixio incazzato nero

Da qui poi nacque l’espressione “ad capocchiam” quando si parte senza avere una idea precisa di dove andare.

“uè uè nuie stamme partenne!” gridò bixio a cavour che aveva chiamato sul cellulare.

“non ho capito, che hai detto? Ti sento male.”

“ e dipende da te. Io tengo 5 tacche”

“ah, ti sei portato i tracchi per festeggiare. Bravo!”

“ma quali tracchi!? Tacche, è pieno di tacche!”

“pacche?”

“ si, dentro all’acqua. Accussì secondo me jamme a ferni. È finito il credito. Ci sentiamo dopo.”

“aspè, guarda che dall’inghilterra hanno già fatto partire l’argus e l’intrepid”

“l’angus? E non è na qualità di carne argentina? E c’amma fa cu l’intrepido.nun se putesse avè nu play boy… sai che è, tutto sto tempo a mare… ci dovremo pur arrangiare!”

“argus, cu a r e intrepid. So doie navi inglesi che oggi, 10 maggio, da palermo si stanno spostando a marsala.”

“ a fare che?”

“con la scusa che devono proteggere le fabbriche inglesi di marsala…”

“marsala liquore o marsala città”

“tutte e due, le fabbriche del marsala liquore che stanno a marsala città! E fammi finire. Con la scusa che devono proteggere le fabbriche voi passate e loro si mettono davanti”

“e come passiamo se si mettono davanti?”

“non davanti a voi. A voi vi fanno passare e poi si mettono davanti”

“scusa, allora si mettono di dietro?”

“di dietro a voi!”

“a me? A soreta!”

“Di dietro a voi ma davanti allo stromboli.”

“stromboli? E che c’entra mo? Le isole eolie stanno dall’altro lato. Tu hai detto che andiamo a marsala”

“ma tu fusse strunzo? Stromboli è l’incrociatore borbonico. Arriverà insieme a capri.”

“capri? Uh gesù Giuseppe sant’anna e maria. Ma capri sta nel golfo di napoli. Noi stiamo andando in sicilia.”

“bixio, ti ja sta zitto! C’è la fregata partenope.”

“che cosa?”

“che cosa che?”

“partenope che cosa ci ha fregato?”

“e o vuò sapè a me?”

“camì ma sicuro che a sifilide tutto a posto? Lo hai detto tu che ce l’ha fregata partenope!”

“io ho detto c’è, nel senso che ci sta la fregata partenope”

“ah, c’è con l’apostrofo. E metticelo st’apostrofo quando parli, e che cacchio!”

“m’hanna accidere a me e a quanne me so cecato!” concluse cavour chiudendo la comnunicazione.

“camì… camì… garibà, è caduto cavour!”

“e che s’è fatto?”

“chi?”

“cavour!”

“è caduto nel senso che gli è caduta la linea!”

“me ne sono accorto ca se sta ‘ngrassanno, infatti!”

L’11 maggio, alle 14 in punto, il lombardo e il piemonte, non si sa come, arrivarono a marsala. Piano piano, e da qui il successivo piano marsal, di americana memoria. Le due navi inglesi li fecero passare e poi sbarrarono la strada alle tre navi borboniche che non potettero nemmeno bombardare.

I mille sbarcarono cosi sul porto.

Garibaldi li contò e all’appello, oltre agli 89, ne mancavano altri 224. Erano in tutto 776.

“uè”, gridò garibaldi.” Nientemeno come siamo arrivati in sicilia se so futtute e garibaldine. Ce ne mancano 224. Cacciate e garibaldine si no faccio a denuncia al commissariato”

“e quale commissariato. Non l’hanno ancora creato!”

“un commissariato non ordinario. Uno straordinario!”

“ah, va beh, se è straordinario quella la regione lo paga a tutti, pure a chi non lo fa!”

“voglio sapere dove sono quelli che mancano!” urlò garibaldi

“sono scesi a talamone!”

“talamone? Chillo do torrone?”

“garibbà, tu ce ne staie purtanne. Ja conquistà? E conquista e nun c’affliggere!”

Nel frattempo dall’intrepid cominciarono a sbarcare tutti i marinai. Vestiti con una camicia rossa.

“ma che è carnevale?” domandò garibaldi

“no, sono tifosi del liverpool, stanno andando a vedere la partita!”

Con la scusa della partita, gli hooligans inglesi si mischiarono ai garibaldini impedendo ai napoletani di sparare.

Immediatamente dal paesino inviarono proteste a londra dicendo qua so sbarcati gli hooligans. Ma londra rispose, no, sono tifosi del Belgio. A noi il campionato è fermo!”

Il presidente della federazione disse: va be!

E fu così che il sor bandito Peppe e i suoi sbarcarono nell’indifferenza dei marsalesi e la prima cosa che fecero fu quella di  saccheggiare tutto ciò che fu possibile, al grido: gualiù nun se po maie sapè. Accumminciamme a piglià ca doppo nun se sa.

Il 13 Maggio il sor Peppe occupò Salemi, stavolta nell’entusiasmo generale, perché il barone Sant’Anna, un uomo potente del posto, si unì a lui con una banda di “picciotti”. Qui si proclamò “dittatore delle Due Sicilie” nel nome di Vittorio Emanuele II, Re d’Italia”. Titolo poi ereditato da Crisafulli del pd in nome del re Napolitano e delle larghe intese (corsi e ricorsi storici). Questo è uno sgarbo gli dissero quelli del posto, ma dato che il sor peppe teneva sulo meza recchia, capiì sgarbi, e infatti, molti anni dopo, lo fecero diventare sindaco del posto.

Il 15 Maggio fu il giorno della storica battaglia di Calatafimi. I mille erano diventati almeno duemila perché si unirono a loro i “picciotti” siciliani a cui fu promesso un posto alla forestale, inglesi e marmaglie insorte, e sfidarono i soldati borbonici al comando del Generale Landi. Mo, a parte quello che cesare abba, scrittore di nota fantasia, annotò raccontando di questo conflitto come di un miracolo del sor Peppe e dei suoi uomini, nella realtà si trattò del risultato pilotato dallo stesso Generale borbonico, un corrotto accusato poi di tradimento. I primi a far fuoco furono i “picciotti” che vennero decimati dai fucili dei soldati Napoletani. Il Comandante borbonico Sforza, con i suoi circa 600 uomini, assaltò i garibaldini rischiando la sua stessa vita. il Generale Nino Bixio chiese al sor Peppe di la ritirata.

“ e te pare o mumento di andare al cesso?” chiese garibaldi.

Nel frattempo,  il Generale Landi, che già aveva rifiutato rinforzi e munizioni a Sforza scongiurando lo sterminio delle “camicie rosse” mascherandosi dietro un “nun putimme accattà a nisciuno per il far play finanziario”, fece suonare le trombe in segno di ritirata. Uno dei mille corse da garibaldi gridando “la tromba!”

Garibaldi capì “si tromba” e, ‘ngrifato come stava, si lanciò all’attacco  colpendo  alle spalle i borbonici che erano in ritirata e compiendo così il “miracolo” di Calatafimi, da non confondersi con il miracolo di altafini, che alle spalle prese la moglie di barison.

Riconoscendo i meriti al generale Landi, immediatamente il sor peppe gli firmò un assegno di 14000 ducati e lo nominò generale di corpo d’armata. Landi se ne andò a ischia convinto di avere i soldi per farsi i bagni, ma invece, un anno più tardi, quando si presentò al Banco di Napoli per incassare i 14.000 ducati d’oro datagli dal sor Peppe, scoprì che sulla sua copia c’erano tre zeri di troppo. I ducati erano 14. Il sor Peppe, in pratica, gli fece il pacco e lui se lo prese nelle pacche. Landi, per questa delusione, fu colpito da ictus e morì, alla faccia di merda sua che non possa trovare pace nemmeno nell’aldilà.

Il sor Peppe ringalluzzito per l’insperata vittoria di Calatafimi, s’inoltrò nel cuore della Sicilia, mentre le navi inglesi, sempre più numerose, ne controllavano le coste con movimenti frenetici. In realtà la flotta inglese seguiva in parallelo per mare l’avanzata delle camicie rosse su terra per garantire un’uscita di sicurezza, dato che di garibaldi non si fidavano perché poteva fare una stronzata da un momento all’altro. E per questo motivo gli inglesi fecero arrivare in Sicilia corposi rinforzi, armi e soldi per i rivoltosi e preziose informazioni da parte di altri traditori vendutisi all’invasore per fare del Sud una colonia. Dato che al sud c’era il mare, nacque così l’idea  della colonia marina.con tangenti e corruzioni gli inglesi dettero a garibaldi notizie certe fino a farlo entrare a Palermo.

Come arrivò a Palermo gli si fece incontro un uomo che gli offrì, pane e panelle e pane cu a meuza!

“buono” esclamò garibaldi. “che cos’è?”

“pane cu a meuza”

“ah, solo meuza, e quell’altra meuza chi se la mangia?”

“mii, cazzo come sei spiritoso”

Garibaldi, avendo solo mezza recchia, capì a Milazzo trovi tutte cose. E detto fatto partì per milazzo.

Qui, ormai rafforzato da uomini e armi moderne, vince la battaglia contro i borbonici. Gli erano arrivati, infatti, in dotazione persino le carabine-revolver americane “Colt” e il fucile rigato inglese modello “Enfield ‘53”.

“che è questo?” chiese garibaldi guardando il fucile.

“un fucile rigato!”

“Bello. Con le righe il colpo non esce dalla direzione. Bravi. Bella invenzione! E questa?”

“la colt!”

“ e chi l’ha colt?”

“che cosa?”

“hai detto la colt!”

“si, ma senza apostrofo e senza acca!”

“e impara a parlare. Quando parli togli l’apostrofo e togli la acca, se no uno come fa a capire?”

“va buo, chiste è scemo proprio!” pensò l’altro.

Siamo giunti così a fine luglio, alle soglie di uno dei massacri più violenti e sanguinosi che la storia di questo paese possa mai ricordare. Bronte.

E perdonatemi se non proverò a strapparvi un sorriso, ma sugli stermini non si ride, si prova solo orrore.

Siamo nella provincia di Catania, alle pendici dell’etna.

Anche allora, come oggi, la contrapposizione era tra i ricchi e i poveri. (e qua sarebbe stato semplice inserire una battuta, ma come detto, non me la sento). I primi continuavano ad arricchirsi sulle spalle dei poveri, che si impoverivano sempre di più. Da un lato i latifondisti, proprietari terrieri capeggiati dagli eredi dell’inglese nelson, quindi coloro che avevano praticamente permesso a Cavour di avviare la rapina al regno, e dall’altra i braccianti, i ‘comunisti o comunali’, capeggiati dall’avocato Lombardi.

Siciliani!
“Io vi ho guidati una schiera di prodi, accorsi al­l’eroi­co grido della Sicilia, resto delle battaglie lom­barde.
Noi siamo con voi! e noi non chiediamo altro che la liberazione della vostra terra. Tutti uniti, l’opera sarà facile e breve. All’armi dun­que!
Chi non impugna un’arma è un codardo e un tra­dito­re della patria. Non vale il pretesto della man­canza d’armi. Noi avremo fucili; ma per ora un’arma qualun­que basta, impugnata dalla destra d’un valoroso. I municipi provvederanno ai bimbi, alle donne, ai vec­chi derelitti.
All’armi tutti!
La Sicilia insegnerà ancora una volta, come si libe­ra un paese dagli oppressori colla potente volon­tà d’un popolo unito”.
14 Maggio 1860
G. Garibaldi

Fu questo proclama ad illudere i poveri e i braccianti che ora si aspettavano una redistribuzione delle terre tra chi ne era stato il legittimo proprietario, il popolo, prima che i ricchi inglesi le avessero in dono dai borboni. Si aspettavano finalmente il riscatto sociale non sapendo che, allora come oggi, le parole servono solo a farti capire in ritardo, quando ormai nulla più puoi opporre, che ancora una volta qualcuno ti sta fottendo.

Tutto cambia affinchè nulla cambi. Allora come oggi.

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