la divina commedia . Analisi del quinto canto

Pur trovandoci all’inferno, luogo di punizione e di espiazione, è forse in questo canto che Dante sublima l’amore.

L’amore motore dell’universo. L’amor che muove il sole e l’altre stelle. L’amore forza che sconfigge anche colui che l’ha creata. L’amore più forte del giudizio divino. Sembra strano, ma proprio dove non dovrebbe esserci l’amore, l’amore è più forte. Invincibile. Più forte dell’inferno stesso in cui Dante lo ha posizionato. Più forte del marchio della lussuria con cui Dante li ha classificati. Il quinto canto dell’inferno ruota intorno a un momento di amore sublime, di un amore che mai sarà sconfitto, finanche nell’inferno, finanche nel girone della lussuria, in quanto frutto di un “delitto” civile dell’epoca, come il tradimento.  La colpa stessa, la lussuria dell’atto, viene purificata dall’ardore della passione, dalla voglia di continuare a viverlo anche nell’aldilà, lambiti dalle fiamme dell’inferno. Francesca è qualcosa più di una figura immaginaria. Francesca è l’emblema della donna, è vera e propria persona, con i suoi errori, con le sue debolezze, con la sua fragilità. Ed è donna proprio in quanto cede alla tentazione e si innamora di Paolo, fratello di Gianciotto Malatesta, e là vive la sua poesia, nell’essere vinta dal suo desiderio verso il futuro cognato.

Amor, ch’a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.

Un sentimento quasi sconosciuto all’umano, che ti prende cosi forte da non abbandonarti nemmeno dopo la morte. L’amore che quando ti raggiunge non ti consente di non riamare. Devi cedere al suo imporsi e ricambiare. E un’anima fragile come Francesca come avrebbe potuto ribellarsi a una si tale legge? Ed è  proprio l’amore che la salva… il sentimento puro che prova nei confronti di paolo sconfigge il peccato e la riabilita. E si sente talmente pulita dentro che non ha vergogna di raccontare a Dante ciò che è successo. Quello non è un fatto di cui vergognarsi, ma di cui essere fieri. L’amore, lei ha provato e prova il vero amore. Indistruttibile, invincibile. Fino ad arrivare alla conclusione dove

Mentre che l’uno spirto questo disse,
l’altro piangëa; sì che di pietade
io venni men così com’ io morisse.
Mentre Francesca forte del suo sentimento continua a spiegare a Dante, Paolo piange.

Dante li guarda, e quella che lui chiama pietade è l’arrendersi, il prendere coscienza,  di fronte a quale forza si trova. un tale sentimento, un qualcosa che nemmeno la punizione divina ha potuto debellare, pure essendo nello stesso tempo frutto di creazione divina, perché chi se non Dio è il fautore dell’amore.

E caddi come corpo morto cade.

e a quel punto perde i sensi, essendosi trovato a toccare con mano la maestosità divina, Dio non è riuscito a bloccare quello che lui stesso ha creato, tanta è la perfezione della sua creazione. Punire si, ma non poter impedire che quel sentimento si perpetui per l’eternità.

dante